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In cerca d'amore Anime a Sud Dietro le porte... On line Blog Negozio
Valchiria -  Pensiero a New York, 2003. Olio e sabbia su tela, essenza profumata al cocco.

 

Anime a Sud

 

 

Prefazione di Mario Mengheri

                       

Olimpica

Un’esperienza un po’ fuori dalle righe, a meta’ tra il sogno desiderato ed il vero capitato, descritta nel rispetto del vissuto, dei suoi attori e delle sue sensazioni; attenti  a non pestar la dignita’ di chi di tali azioni nutre le sue spire, ne’ l’integrita’ morale di chi alla fedelta’ oggettiva dedica il riflesso della mente piu’ ortodossa. Il gusto della cronaca si mescola alle diverse sensazioni che momenti cosi’ forti e particolari scaturiscono copiose. Un passo dignitoso, pero’. Il carnale e la coscienza si fronteggiano nudi sulla scena, faccia a faccia, nudita’ contro nudita’. L’assoluzione nel conflitto e’ il giudizio per entrambi: l’amor trionfa, comunque, ed i passi di ciascuno, nudo contro tutti, sono la scintilla della fiamma quotidiana.

              

Dove sei,

mannaggia dei momenti,

esci

e ingombra le mie orme.   

 

“Guarda ancora 

quel che mai

le par finito,

o l’occhio

che di lato non soddisfa

ma ci siamo,

pronta a cominciare

di nuovo 

per scommessa.

 

 

“L’amor si dona a copia singola,

mentre aste e spermi

sono favole per tutti.

Cosi m’adagio

nel sogno d’altri cuori

soltanto per sopir

le mie nature.

 

 

Notte tra il 28 e il 29 Novembre 2003

Un sogno, e il ricordo di un amico scomparso, la cui morte e’ stata appresa, ma non vissuta, malgrado il funerale e la partecipazione fisica ad un quadro comunque lontano; la passione, il pathos di un lutto mai appieno digeriti. Il valore della vita, la comprensione del limite; ed il rimpianto per gesti compiuti forse con troppa leggerezza, quella vitale degli anni giovanili, quando la fine che inevitabile ci aspetta, ancora e’ fuori dalla logica comune. Su tutto, il potere e l’ingombro dell’amore, da uomo padre a uomo figlio; da amico amico, da cuore a cuore.

 

“Mario mio,

dottore dei miei mali,

ho da narrarti un sogno;

ho da narrar

di cose oscure

annegate nel mio fondo

e che un attimo

notturno

ha rivisto galleggiare.

 

 

“Rispettar di vite umane

e’ legge di noi tutti,

prima ancor

di regole stradali

o segni o strisce,

o vigili zelanti.

E cosi’,

per Viale Avvalorati,

il Comune, San Giovanni,

per girar dritto al vecchio duomo,

rimasuglio infetto

di Livorno e galeotti.

 

 

“Piango,

molto,

finalmente,

ed ai parenti dico

finalmente,

perchè mai avevo pianto

per il fatto e per la sorte,

se non per lacrime leggere

baciando il freddo raso

al funerale;

la madre, ancor ricordo,

a porre il velo smosso sopra il viso,

rigato in ner

di mille cuciture

per donar intatto

almeno

 il suo profilo.

 

 

 

 

Mediaevalica

Una parabola, d’altri tempi, mai cosi’ attuale per chi nel disturbo dell’odierno riconosce i propri limiti o le proprie mancanze. A qualsiasi livello: intellettuale, sociale, spirituale, analitico.  Il linguaggio usato e’ una provocazione: l’uomo e’ uomo, e il secolo, le armi o le ‘ndumenta di contorno, non mutano l’essenza del vivere interiore. Fortunatamente; in ogni caso. Il valore non e’ forza, ma esercizio del volere, volonta’ di raggiungere e raggiungersi.

 

“Et a mirar si spinse il core mio

geluso di cotanta ferrimenta,

et ora possente volia capir del giogo l’onestate;

virtute d’empotenza el me fe’ danno,

e lo pensiero scarno destrusse il disiar

d’alcun dimando.

 

 

 

 

Il mio nome e’ amore

Il mondo, immenso, desiderato, irraggiungibile, e’ dentro di noi, sotto di noi, intorno a noi, nei luoghi e nei tempi che nel piccolo viviamo. Riconoscerlo e’ meta’ di ogni opera a progetto. Sia essa il riposar tranquilli, o la piu’ esaltante delle felicita’.

 

“Non e’ buio,

non e luce,

non e troppo,

ma caldo arieggiar di cose note

tra il divano e il cassettone

in fondo al corso

che separa tutto

da quel fuori.

 

 

“Consueto,

mi gioco l’ultimo ritocco

o il poco sale,

tra i dubbi e le magie

d’un senso unico

alternato.

 

 

 

 

Storia di Mirella e di Fabiano

La triste cronaca di un amore fuori dalla logica comune, ma amore a pieno titolo, annoverato fra i postulati del sentire piu’ sincero. Per alcuni, l’amore, la famiglia, i figli, hanno valenza ben piu’ grave, esasperata nel concetto e nella forma, fino a credere e sentire impossibile ogni forma di distacco. Anche il solo far la spesa. Certo, morbo s’addita e forse si deride, ma questo amore e le sue  irrefrenabili rappresentazioni sono manifesta simbiosi naturale per le anime sensibili di esseri dispersi.

 

“Ma lei, Mirella

e lui, Fabiano,

unico figlio,

per quarantaquattro volte

in cuore festeggiato,

han scelto un mondo strano,

un'esistenza fuor dalla ragione

ma che ragione e

per il valor

di amarsi molto

d’animo contorto.

 

 

 

 

Il testamento

L’emblema, l’araldo fermo e intransigente della strumentalizzazione cosciente e ponderata di chi, forte, impone senza dubbio. La ragione di chi sembra il piu’ forte; ma non e’ sopravvivenza naturale o istinto di genetico permanere. In natura, la storia ci ha descritto, la ratio del peggiore non tramanda. Due attori, comunque, se si vuole. Lui, immenso nel potere e nella comunicazione, ma infimo e svuotato al primo sguardo verso l’intimo suo proprio; lui, che feroce s’accanisce: rigetto? ripudio? vergogna? E gli altri, platea di gruppo, branco alla ricerca dell’effimero di facile conquista. Forse ancora meno puri.  Non e’ nei grandi spazi che e difficile viaggiare, ma all’interno di quel che appare dentro agli occhi di chiunque.

I contenuti di questa lirica sono stati elaborati dopo la  lettura della biografia Hitler. Una biografia”, dello storico  Joachim C. Fest, del 1973.

 

“Vi dico,

come allor contesi

a dolci lame

che affettar mirarono

al cospetto,

donne in casa avute

e mai per altro condivise,

morir e fiero

di ragione

per coprir il passo

del trionfo

che avviene al seguir

di queste ore.

Morir e orgoglio

e causa immane

e grandi terre avranno

gloria e guide

per il piccolo soffrir

dell’ultimo straccione..”

 

 

 

L’Ungaro

Un ricordo di tempi andati, pescato tra le lettere scritte e mai spedite. Il ricordo di momenti passati condividendo stanze diverse dello stesso appartamento, tutti inquilini mal paganti del vivere comune. Una prospettiva dell’amore, per anime che si rincorrono alla ricerca della propria essenza.

 

“Cosi’ lavorero’,

ricordo mi dicevo,

dopo vent’anni di pagine rigate

al soldo donero

fatiche e pregiudizi

ma mai

domeniche d’Agosto.

Possibile?

Un sogno, o una disgrazia?

Ma ancor non credero’,

ch’ho sciolto il dubbio

a cio che grande

mi vedra

di ver impegno.

 

 

 

 

Ascoltami

Il torpore settico e ingombrante di una sconfitta dimessa ma pesante, il termine atteso di una battaglia emotiva intima e feroce, ma combattuta con toni pacati, tenui, grigi, piovigginosi; quasi il timore dell’esito inibisse l’intenzione solutiva di ogni fervida ribellione. La paura, quindi, dietro il tono malinconico e sommesso, il terrore di un passo che gia’ si preannuncia ineluttabile. La peggiore delle sconfitte, voluta e ponderata come esito infelice di un travaglio a lungo consumato; il gesto insano di un’anima dispersa per orgoglio travisato, che alle sette e un quarto di una mattina di Febbraio ha cancellato in meno di mezz’ora un sogno, il credo professato, la ragione dell’esistere, ed un possibile futuro.

 

“Io pero,

anima mia,

decente e dignitoso

sopra il mondo,

sai che so colmar

ferite

e fondi squarci

con l’abitudine del riso

e il mistero

di me stesso,

gioviale innesto

di vitale resistenza.

Non e percio

disastro disumano

alcun dei fatti noti

che tu sai;

ne’ mai vorrei ferir

di tal conflitti

quel nocciolo

che in grembo

lei matura.

 

 

 

 

Alessio dei televisori

Alessio forse ancora gira per le strade di Livorno, col suo carretto cigolante e due pezze cucite addosso fra gli strappi. Quell’Alessio, pero’, e’ un uomo di cultura, nato come figlio, poi marito e dopo padre, degenerato infine per un caso della vita che ineluttabile lo condanna alla sconfitta. Racconta sempre di formule segrete, e matematiche opinioni, celando il suo grigiore indotto, il piu’ profondo, nei sorrisi e nelle grida da barbone. Ha sofferto, soffre, per un male di famiglia che mai avrebbe meritato, qualunque fosse poi la sua natura, il carattere scontroso, o l’opinione soggettiva del suo aspetto.

 

“Ma che colpa puo’ valere

se negli anni ha appreso

solo

suoni nati

dalle corde d’altre orchestre

e mai le storie

assurde

o le tue comiche romanze.

Ben d’altri

e’ il mal di cui ti duole

il pensar che ormai

rileghi

a pochi eventi;

ed altro

e’ il doman

che non t’aspetta

perche non ha ritorno

il disegno malcurato 

che hai dipinto.

 

 

 

 

I due binari

Il quadro finale di contemporanea vivenza; sensi dirottati, convinti di poco o niente, semplice e importante. Il lavoro, la poltrona, il gioco del potere. E il corrispettivo, amaro in gusto perche’ non siede poi lo stesso velluto. Quattro parole in tutto, sempre uguali. Sempre piu’ anime sempre piu’ confinate. Sempre piu’ a sud. 

                                                                                               

“E’ strano

il rumor delle parole

che d’un tratto

si muovono graziose

volando sui destini

di un’eco

mai perfetta.

 

 

“Ma che pensar

se il tono annuncia

il vigore di un’incazzo

o quel passo

un po distorto

che appena sfiora

le sue orme

comunque intenso

come sempre,

ogni giorno,

come uguale si risente

anche domani.

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